«Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno». Giovanni Falcone.
Così si chiude il libro “Cose di cosa nostra”, così si chiude quasi come un presagio, quasi come se Giovanni Falcone sentisse su di se il peso di quella solitudine. Il senso dell’abbandono. La consapevolezza di essere stato, quasi o totalmente, abbandonato dalla Stato, dalle autorità, e da quanti altri ne avevano competenza. Fa tristezza, leggere quelle frasi. Fa tristezza quasi alle lacrime, ragionando col senno di poi, su quelle parole diventate cruda realtà. Crudele più che altro. Con ancora negli occhi, nel cuore, nella mente quella strada squarciata, quelle auto distrutte e quei corpi senza vita. Morirono Giovanni Falcone, la moglie e cinque uomini della scorta. Lacrime amare, non uniche, perché di li a poco, la mafia avrebbe colpito ancora, un altro servitore della libertà, della giustizia e di quello Stato, così impotente di fronte a tutto questo. Paolo Borsellino. E ancora lacrime. E ancora urla, a volte trattenute, a fatica. Ancora indignazione. Sono passati quindici anni. Tanti o pochi dipende dai punti di vista. Sono passati. E siamo qui a chiederci se la loro “lezione di libertà” è servita a qualcosa. Siamo qui a chiederci quanti altri uomini ancora dovranno morire affinché si possa dire basta. Non lo sappiamo. Non avremo risposta. Ma il loro esempio non deve essere dimenticato, e non deve essere ribadito solo una volta all’anno, in occasione di anniversari, ma scritto su ogni muro, insegnato nelle scuole, ai bambini, ai grandi, a tutti. Anche a quelle persone (se così possiamo chiamarle) che hanno, vuoi per stupidità o qualcosa di simile sicuramente, infangato la memoria di questi uomini, (perché si che erano Uomini, come direbbe Sciascia) anche imbrattando e sfregiando il monumento commemorativo sulla strada verso Capaci. Miseri. (Quaqquaraquà direbbe ancora Sciascia). Non è certo così che ce li farete dimenticare, non è certo così che potete mettere a silenzio le loro parole ancora vive, ancora attuali, forti, sincere, vere. Giuste. Anzi tutto questo non può fare altro che darci più forza, affinché quelle grida, a volte trattenute, a fatica certo, possano essere liberate, di gente in gente, di mente in mente fino a diventare un solo urlo:
“la mafia fa schifo…”
Unanime. Senza bisogno che la gente lotti per quello che normalmente dovrebbe essere suo.
A Palermo oggi, ci sarà una grande manifestazione, una giornata di memoria. Ieri sera da Civitavecchia è partita “la nave della legalità” con a bordo circa 1200 studenti provenienti da tutta Italia e la presenza del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. La Fondazione Giovanni e Francesca Falcone e il ministero della Pubblica Istruzione hanno organizzato la manifestazione "Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: la loro lezione di libertà e democrazia".
Tutte iniziative per non dimenticare il valore e l’insegnamento di questi Uomini.
9 commenti:
ragazzi... grazie per il link.
ciao ciao
Fra
LA MAFIA FA SCHIFO
ciao rag
volevo salutarvi sopratutto
il sig max skalia
vincenz
complimenti,bellissime parole, veramente toccanti
...io ricordocm fosse oggi il boato ke sentii il 23 maggio di 15 anni fà!,nel ricordar cm era ridott la palermo -capaci,nel ricordare il funerale mi vengon i brrrividi...ricordo ancora le parole della moglie di un uomo della scorta quando il coglione del prete le disse di perdonare e il lacrime sorrett sempre dal coglione"ma loro nn cambiano"
stasera a palermo tante manifes e stase un grande concerto al politeama....
X nn dimenticare questi Grandi uomini!!!!!
bravi, ragazzi...
..una preghiera per Falcone, per sua moglie e gli agenti della scorta...
...
L’isolamento, il boicottaggio, la delegittimazione hanno spesso agevolato l’azione delittuosa della criminalità organizzata contro validi e fedeli servitori dello Stato. Giovanni Falcone, prima di essere assassinato, fu isolato. Sperimentarono questa pericolosa condizione anche i magistrati Gaetano Costa, Francesco Coco, Giangiacomo Ciaccio Montalto, Paolo Borsellino. Ed anche il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa. Tanti, troppi. Colpisce che a creare tale isolamento furono, di frequente, proprio apparati dello Stato e delle Istituzioni. Ricordare il sacrificio di questi uomini ci permette di comprendere pure quanto sia importante che tutta la società civile dimostri il suo pieno appoggio a coloro che anche oggi stanno in prima linea nella lotta contro la malavita. Per “costringere” così il Palazzo a non lasciarli soli e a sostenerli. Sono d’accordo con voi: l’esempio di questi eroi non deve essere dimenticato.
La mafia fa schifo!
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