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mercoledì 27 giugno 2007

Qualcosa si muove.

Lercara, una breccia nel muro dell'omertà

PALERMO - I carabinieri della Compagnia di Lercara Friddi hanno arrestato, con l'accusa di estorsione, un imprenditore agricolo e il titolare di un panificio di Vicari, nel Palermitano. Ad entrambi è stata contestata l'aggravante dell'avere agito per avvantaggiare "Cosa nostra". L'inchiesta, resa possibile dalla denuncia di alcune vittime, è coordinata dai pm della Dda di Palermo, Michele Prestipino e Marzia Sabella. Dall'indagine, avviata a seguito di decine di danneggiamenti subiti, da giugno del 2006, da imprese e attività commerciali del Palermitano, è emerso che i due presunti estortori avrebbero proposto anche pagamenti del pizzo "a rate". Alle vittime che adducevano difficoltà economiche, secondo l'accusa venivano consentiti infatti versamenti in più soluzioni. Gli arrestati sono l'imprenditore agricolo Salvatore La Monica, 35 anni, e Salvatore Macaluso, 43 anni, proprietario di un panificio. Sembra infrangersi dunque, nel Palermitano, il muro dell'omertà. Quattro tra imprenditori e commercianti hanno denunciato ai carabinieri di Lercara Friddi di avere subito richieste estorsive; molti altri operatori commerciali, nonostante non siano andati spontaneamente dai militari, contrariamente a quanto accade nelle indagini sul racket, dove le vittime, per paura, negano l'evidenza, hanno comunque ammesso, convocate dagli investigatori, le pressioni mafiose. I carabineri di Lercara, hanno instaurato una stretta collaborazione con i commercianti, che si è rivelata essenziale per incastrare i presunti estortori. In un caso, addirittura, una vittima, che per aiutare gli inquirenti ha finto di non avere il denaro richiesto, ottenendo dilazioni nei pagamenti e una serie di incontri con i taglieggiatori, ha accettato di indossare un orologio munito di registratore. Tutte le sue conversazioni con gli estortori sono state registrate e poi ascoltate dai carabinieri. Se in alcuni casi le vittime hanno finto di cedere al ricatto mafioso per incastrare gli aguzzini, che dicevano di agire per conto delle cosche locali, altri si sono rifiutati categoricamente di pagare mettendo a rischio la propria incolumità. I due arrestati sostenevano di avere bisogno del denaro per aiutare le famiglie dei boss in carcere o per pagare gli avvocati dei detenuti. "Da quando siamo stati minacciati - ha raccontato ai carabinieri una vittima - viviamo nel terrore e non posso negare che passiamo notti insonni, passando di continuo davanti all'entrata delle nostre attività. Non abbiamo alcuna intenzione di cedere alle richieste anche perchè nessuno merita di approfittare dei nostri guadagni senza alcun merito". Oltre alle dichiarazioni delle persone offese a carico dei due indagati ci sono decine di intercettazioni in cui i taglieggiatori parlano degli incassi e delle intimidazioni usando espressioni mutuate dall'attività di agricoltore svolta da uno di loro.

da LaSicilia.it

4 commenti:

Osteria dei Satiri ha detto...

un primo passo verso la sconfitta dell'omertà.
certo che però anche il pizzo a rate...sono proprio magnanimi!

max

Anonimo ha detto...

OT ma che ne avete perso un pezzo (inteso di oste)?

Uomo Distrutto ha detto...

di passi ce ne sono ancora tantissimi da fare...
speriamo sia l'inizio...

Anonimo ha detto...

Purtroppo sono solo dei casi isolati!
Se lo Stato li aiutasse veramente sarebbero di più le persone che andrebbero a denunciare.Ma purtroppo il problema è anche culturale..tante cose si sanno ma fino a quando non ci toccano personalmente si è portati a tacerle.Comunque i passi si fanno uno alla volta e sicuramente è già positivo che qualcuno si muova!